Terapia cognitivo-comportamentale nei DCA

È abitudine di molti pensare che più una persona sta male, più si differenzierà il trattamento da attuare per curarla.

Il mio trattamento CBT è specifico sia per la sintomatologia che per il funzionamento della persona ed è efficace indipendentemente dalla gravità del problema.

È compito del psicologo specializzato in disturbi alimentari comprendere in che modo curare il paziente, come districare quelle tendenze di pensiero e comportamentali che hanno portato nel tempo a limitare la persona e ad aggravarsi.

Mortalità dei disturbi alimentari

I disturbi del comportamento alimentare sono tra i più difficili da trattare: costituiscono il disturbo mentale con il più elevato tasso di mortalità.

I dati sono molto variabili in quanto nei registri sanitari può essere riportata solo la causa di morte connessa alle complicanze organiche o psichiatriche (arresto cardiaco, stato cachettico, addome acuto, suicidio), piuttosto che la diagnosi di DCA.

DCA: i sintomi

Le complicanze del disturbo del comportamento alimentare possono essere espresse in molti sintomi fisici e di tipo comportamentale:

  • acidità di stomaco
  • crampi notturni
  • esagerata magrezza (BMI sotto al 18.55)
  • abuso di integratori/ lassativi/ diuretici/ alcolici
  • digiuno dei pasti o diminuzione della quantità di alimenti ingeriti
  • vomito indotto
  • erosione smalto dei denti
  • iperattività
  • alimentazione incontrollata
  • pensiero ossessivo
  • depressione
  • ansia sociale
  • ansia da prestazione
  • perfezionismo clinico
  • dispercezione corporea

Maggiore è il numero dei sintomi presenti nella quotidianità di una persona, la loro frequenza, e più il disturbo si aggrava.

Un caso studio che riguarda la sintomatologia di un disturbo del comportamento alimentare

Oggi vi parlerò di un mio paziente con una tendenza ad abbuffarsi di cibo, il suo tentativo era quello di gestire le emozioni come frustrazione, noia, senso di colpa e rabbia. Per ragioni deontologiche, non posso riportare un caso reale, bensì ciò che leggerete non si riferisce in alcun modo a persone che si sono affidate a me. Si tratta però di un esempio che alcuni di voi potranno sicuramente trovare utile a comprendere il disturbo e le sue implicazioni.

Fame emotiva: mangiare per reprimere le emozioni

La sua difficoltà nel gestire le emozioni era emersa durante l’adolescenza e, purtroppo, aveva appreso come “calmarsi” dalla madre.

La donna era solita utilizzare e ingerire una quantità spropositata di biscotti, dopo una giornata stressante o un litigio famigliare: si coccolava davanti alla tv iniziando a mangiare e senza rendersene conto perdeva la percezione di ciò che stava ingerendo. Lo stesso circolo di eventi avveniva in suo figlio.

Superate l’adolescenza e l’università il mio paziente non aveva più utilizzato questa modalità di gestione fino a dicembre di qualche anno fa.

La sua “abitudine” era diventata talmente frequente che aveva preso peso velocemente, ma quello che lo affaticava maggiormente del proprio “comportamento consolatorio” era come la quantità di cibo ingerita lo rendesse esausto, dolorante e privo di emozioni o pensieri. Questo non gli permetteva di cercare un impiego o di riscrivere il proprio curriculum. Di conseguenza si sentiva inadeguato, in colpa, e appena il dolore allo stomaco terminava ritornava a utilizzare il cibo come strategia di coping per fronteggiare il suo stato d’animo.

Il trattamento: come gestire la fame emotiva

All’interno del trattamento di cura abbiamo lavorato sul gestire abbuffate ed emozioni sgradevoli interrompendo il circolo vizioso che si era innescato attraverso l’utilizzo del cibo come strategia disfunzionale.

È stato importante per me capire a che livello di intensità e quali emozioni risultassero disturbanti per lui.

Abbiamo compreso quali cibi utilizzasse maggiormente per i suoi sfoghi e, dopo aver riequilibrato l’alimentazione, in collaborazione con una dietista di mia fiducia, in seduta abbiamo lavorato sul suo rapporto con il cibo e sull’autostima.

Ci si è focalizzati sul gestire le difficoltà di stress causate dalla perdita di lavoro. Comprendendo quali qualità personali il mio paziente possedesse, ci siamo direzionati sulla ricerca di un lavoro appagante che potesse portargli non solo un guadagno mensile consono, ma anche soddisfazione personale.

La terapia si è concentrata su:

  • migliorare la percezione di sé
  • lavorare sulla sintomatologia depressiva
  • sull’educazione alimentare
  • gestione delle emozioni
  • ricerca di momenti di piacere
  • gestione dello stress
  • conoscenza e modificazione delle abitudini di pensiero e comportamentali che andavano ad aumentare le emozioni quali insoddisfazione, inadeguatezza, colpa e sopraffazione

 

Soffri di disturbi alimentari o qualcuno vicino a te ne soffre? Non esitare, la tempestività è un fattore determinante! Affidati a me. La terapia cognitivo comportamentale è l’approccio giusto per risolvere queste difficoltà. Contattami!

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