Guide Psicologiche
Quando i carboidrati diventano il problema: la carboressia
Ogni inizio di primavera veniamo catapultati da qualsiasi social, programma TV e radiofonico con la famosa, e aimè sfibrante, frase “Da oggi basta carboidrati”.
- BASTA PIZZA
- BASTA PASTA
- BASTA BISCOTTI
Che male c’è nel portare buona parte della popolazione occidentale a fluttuare tra concessioni alimentari invernali e restrizioni punitive primaverili/estive?
Eccessi del terzo tipo come: “Tanto d’inverno chi mi guarda se non io allo specchio?” per poi incanalarci nel corridoio dell’irrequietezza e della contrastata accettazione, flagellazioni concretizzate in scivolate di sessioni sportive a volte irresponsabili.
Quest’anno vorrei fare anche io un movimento di inaugurazione primaverile: “Basta nutrimento al cervello, mi piaccio sfatto!”. Cosa c’entra il cervello con i carboidrati?
Ebbene, anche se molti di noi non si sono nemmeno avvicinati ad avere alcuna dipendenza – che sia da prodotto o di tipo comportamentale – tutti gli esseri umani hanno una dipendenza comune.
Il nostro cervello è il primo in assoluto ad essere glucosio-dipendente, ma non per propria scelta: necessita infatti di glucosio per eseguire tutte le attività a cui è stato predestinato ad adempiere durante la giornata e le ore notturne.
L’importanza dei carboidrati complessi, come pasta, pane, patate, deriva dal fatto che questi vengono assorbiti e utilizzati dall’organismo molto facilmente assicurando alle cellule un rifornimento di glucosio (uno dei componenti dell’Amido) e quindi di energia a lento rilascio.
Oggi scopriremo insieme quali potrebbero essere i rischi per la salute se non si mangiano carboidrati, tanto mentali quanto fisici, di credenze sociali, pregiudizi alimentari e pareri elargiti da non esperti. Scopriamo insieme cosa s’intende per Carboressia, come capire se si soffre di tale disagio e come curarlo al meglio.
Che cos’è la Carboressia? Sintomi e cura
La carboressia viene considerata dagli specialisti del funzionamento psicologico e comportamentale un evitamento, se non totale, estremo a quegli alimentari risaputi rientranti nella categoria dei carboidrati e considerati da molti altamente calorici: pasta, pizza, pane, biscotti e simili.
La persona con un’alimentazione simile si caratterizza per la paura nell’ingerire carboidrati, oltre a mantenere e sviluppare – a volte inconsapevolmente – una disinformazione che congiunge con le proprie credenze errate.
Una delle convinzioni più comuni tra le persone con questa difficoltà è che i carboidrati aumentino l’appetito, facciano ingrassare o siano la causa di gonfiori addominali e del corpo.
Un’altra sintomatologia che spesso viene riportata dalla persona è l’acidità post-prandiale dopo aver mangiato un piatto di pasta, indipendentemente dall’abbondanza della portata.
Escluse possibili intolleranze medicalmente diagnosticate attraverso esami scientificamente validati, queste credenze possono incontrare e assecondare teorie non scientifiche.
Le sensazioni fisiche sgradevoli che prova la persona con questa difficoltà aumentano in base alle convinzioni della stessa e allo stato di ansia che la “impegna” durante i pasti: l’attivazione fisiologica si altera e si condiziona fino a far percepire al paziente acidità di stomaco anche prima di affrontare effettivamente il pasto.
Paure ed emozioni contrastanti all’aumento dell’aggravarsi accompagnano la persona a sentirsi sempre più limitata e a risentirne socialmente.
È importante sottolineare come l’estrema riduzione dei carboidrati complessi non permetta al cervello di ricavarne l’adeguato nutrimento portando la persona a sviluppare un pensiero sempre più rigido, ossessivo e fuso con proprie preoccupazioni oltre a non essere più in grado di riconoscere segnali fisici come la sazietà, la pienezza e la fame. Ad esempio il mal di testa può essere spesso percepito come segnale di stanchezza e non di fame, così sensazioni di nausea e affaticamento.
La carboressia è una patologia?
La Carboressia è una sottocategoria dell’Ortoressia; sebbene entrambe non possano ancora essere considerate vere e proprie patologie, è importante sottolineare come queste possano comunque essere causa di disagio psicologico.
L’Ortoressia potrebbe essere descritta come
“una condizione di fissazione patologica sul consumo di cibi adeguati, naturali e salutari che può portare a malnutrizione e perdita di peso”.
Cosa accomuna Ortoressia e Carboressia? L’indicazione di come le persone con queste difficoltà non siano caratterizzate da una preoccupazione per la propria immagine corporea e non esercitino un comportamento diretto e volto alla perdita di peso, o al fine di modificare la propria immagine corporea.
Questa precisazione li differenza dai “classici” disturbi del comportamento alimentare, ma non esula le persone dal rischio di strutturare un disturbo psicologico oltre a sviluppare una sempre più evidente denutrizione marcata.
Come curare il disagio provocato da condotte carboressiche?
Apparentemente un non specialista dei disturbi del comportamento alimentare potrebbe confondere i pensieri, i comportamenti della persona e la difficoltà di mangiare carboidrati come una forma di sintomatologia da ricondurre all’Anoressia Nervosa ma, a differenza di quest’ultima, la preoccupazione non è incentrata sulle quantità di cibo o sull’aspetto fisico della persona, ma sulla qualità e tipologia dei cibi.
Il Trattamento Cognitivo Comportamentale permette al terapeuta, avente conseguito un master specifico nei disturbi del comportamento alimentare, di eseguire una diagnosi corretta al fine di far comprendere al paziente quali sono le caratteristiche della propria difficoltà e i fattori che la mantengono.
Eseguire un Assessment accurato per comprendere i pensieri, emozioni e sensazioni che l’individuo riporta durante i pasti è indispensabile per la progettazione di quello che sarà il trattamento terapeutico.
Dato il coinvolgimento delle problematiche fisiche, se il grado di rischio per la salute lo richiede (es. indice di massa corporea inferiore a 18) lo psicoterapeuta è volto ad attivare una collaborazione con figure di rifermento del paziente come il Medico di Base, dietista o altri specialisti affinché l’intervento sia integrato e più efficace possibile.
“come faccio a capire se sono carboressico?” è una delle domande più frequenti e spero che attraverso questo articolo chi è in dubbio possa avere degli spunti utili a comprendere se le proprie difficoltà siano similari ad alcune da me descritte.
Il primo passo, se si è in dubbio, è quello di affidarsi a degli esperti del settore poiché una persona non formata non ha abbastanza dati per comprendere quali sono le proprie difficoltà ed eseguire correzioni “fai da te” potrebbero mettere a rischio la propria salute oltre ad aumentare possibili errate credenze.
Io sono Elena Marchetti, Psicologa specializzata nel trattamento di disturbi alimentari come la carboressia, e sono pronta ad ascoltarti, aiutarti ed accompagnarti in questo percorso!